Il rigetto di un impianto dentale inteso come reazione avversa ad un dispositivo d’implantologia osteointegrata da parte dell’organismo non è possibile. Chi come me impiega impianti validati CE come gli Straumann o gli Intralock sa bene che essi sono realizzati in metallo assolutamente biocompatibile. Ciò che è comunemente definito rigetto, è invece un’infezione attorno all’impianto che ne porta a fallimento l’osteointegrazione con conseguente perdita della vite e della protesi da essa supportata. Tale infezione viene detta perimplantite.
I fallimenti possono essere precoci o tardivi. I primi si verificano poco dopo l’intervento d’implantologia; i secondi anche a molti anni di distanza.
I fallimenti precoci, a dire il vero molto rari, sono in genere legati alla scarsa stabilità dell’impianto nell’osso e possono essere motivati dalle più svariate ragioni come ad esempio una cattiva qualità ossea, la masticazione sulla vite nel periodo in cui il medico lo avesse proibito e finanche errori iatrogeni.
I fallimenti tardivi sono per lo più legati ad un’infezione all’interfaccia tra osso e impianto: in pratica i microbi attecchiscono sulla superficie della vite, colonizzandola progressivamente e innescano in tal modo una reazione infiammatoria da parte dell’osso che finisce per allontanarsi dall’impianto determinandone infine la perdita.
Il “rigetto” implantare ha una insorgenza subdola in quanto nelle prime fasi può essere assolutamente asintomatico. Successivamente il paziente può lamentare sanguinamento, dolore, o la percezione di cattivi odori e infine mobilità della vite e formazione di ascessi.
Il problema della perimplantite è che le terapie per contrastarla non sempre hanno successo e pertanto la prevenzione assume grande valore.
Eseguire scrupolosamente le manovre di igiene prescritte dal medico e sottoporsi a controlli periodici è dunque il miglior modo per combattere il rigetto.